areti, quasi paurosamente.
Il giardino apriva anch'esso le sue mille palpebre d'ogni colore. I
fiorelli che si schiudono all'apparire del sole, cominciavano a
sorridere, e i loro petali si intravedevano fra le corolle, come
ansiosi di osservare all'intorno che cosa fosse accaduto durante la
loro prigionia.
Tutti i sudditi dell'entomologia, dal paria al sultano alzavano la
testa e si sentivano a rivivere, e le farfalle spalancavano l'ali per
abbandonarsi alla caccia avventurosa degli effluvii e dei raggi. Le
lumache appese alle scabrosita dei muri, esponevano i loro quattro
tentoni filiformi, occheggiando. Le lucertole, svegliate dai primi
tepori del sole, facean ballonzolare la coda fra l'una e l'altra
fessura. I mosconi ronzavano: i ragni cominciavano a guatare le
ragnatele e i moscerini cominciavano ad ingarbugliarvisi....
Dalla cucina del presbiterio usciva un odore delizioso di caffe
tostato.
Il cielo splendeva serenissimo.
--Buon di, mi disse scavalcando, il dottore, gia desto cosi per tempo?
La voce del signor De Emma aveva una vibrazione dolce di cui il giorno
prima non la avrei creduta suscettibile.
E certo che il buon curato gli aveva parlato sul conto mio a
quattrocchi con quella strana benevolenza, non so come meritata da me
fino a quel punto, che in lui pareva una divinazione di cio che doveva
accadere in seguito nei nostri cuori.
Il dottore era salito alla camera del suo infermo. Io scontrai sotto
un viale del giardino il povero Beppe. Egli andava davanti a me
coll'indescrivibile incesso che hanno i sonnambuli, rimondando,
sbadato, quasi senza saperlo,--per abitudine di campagnuolo forse, i
vigneti delle giovani viti, con gesti da automa. Stropicciava ad una
ad una le raffilature che gli restavano in mano, poi le lasciava
cadere dietro di se. Portava la testa immota, alquanto volta all'insu,
ma quando l'ebbi accostato, senza che egli se ne avvedesse, rimarcai
che gli occhi avea rivolti al suolo, semichiusi, immobili. Tutto il
suo volto spirava il terrore e la pieta insieme che i poeti ci fanno
supporre spirassero dalle maschere formidabili dell'antica
tragedia. La desolazione e la sete della vendetta avevano tramutato in
una notte quella faccia idillica di contadino, in una faccia di non so
qual lugubre eroe. Giacche le notti che seguono le sventure, sono le
grandi trasmutatrici. Ogni loro minuto e un colpo di scalpello
michelangiolesco. Il marmo candido, innocente, insciente s'atteggia in
|