e sfogliare gli
antichi registri della parrocchia.
Le generazioni di Sulzena sfilarono davanti a me:--poche stirpi che si
riproducono e moltiplicano attraverso i secoli sullo stesso ceppo come
gli abeti delle loro montagne. Sempre gli stessi cognomi coi nomi di
battesimo che si ripetono alternati da nonno a nipote, per cui si
direbbe che lo stesso uomo riapparisca a intervalli.
Alcuno scompare per sempre, non si sa se spento o emigrato,--tal altro
riappare dopo un lungo tratto--come lo Strona.
Che misterioso fascino ho provato a ripassare quelle genealogie
d'ignoti!
Passai molte ore in questa singolare rivista.
Un accidente venne a distrarmene.
Levando uno dei volumi, ne avevo smosso una fila nella scanzia, che,
ad un tratto rovino a terra.
Nel chinarmi a raccoglierli, vidi che era caduta coi libri anche una
scatola di latta e giaceva a terra scoperchiata e capovolta.
Conteneva dei ricordi: una fettuccia tricolore, una palla di fucile,
un mazzolino di fiori appassiti, un piccolo volumetto di Tacito,
stampato a Parigi nel 1665, logoro e spiegazzato agli angoli,--e
finalmente un piccolo astuccio di velluto turchino sbiadito.
La coscienza mi avverti che stavo per commettere un abuso di
confidenza e il mio primo pensiero fu di raccogliere quelle reliquie e
di rinchiuderle senza guardarle. Ma fidatevi degli artisti: essi sono
avvezzi a coonestare, col pretesto di studiare il mondo, le piu
indiscrete curiosita. Non potei resistere alla tentazione.
Apersi l'astuccio, e, immaginatevi la mia sorpresa, ci trovai il
ritratto in miniatura di una ballerina nel suo costume di teatro.
Era una figura di singolare bellezza; un visino diciottenne, delicato,
pallido, assottigliato dal dolore o dalle infermita, un'aria di bonta
capricciosa, una soave fierezza di fanciulla viziata.
Una corona di rose bianche le cingeva il capo da cui scendevano lunghi
riccioloni di capelli biondi: altre rose le inghirlandavano la vita
sottile e ornavano il gonnellino azzurro.
Ella rassomigliava a qualcuno che io conosceva: ma non sapevo a chi.
Ero tanto assorto cogli occhi sul ritratto, a frugare nella mia
memoria per evocare al confronto tutte le fisonomie femminili che
avevo prima vedute,--che non mi accorsi della presenza di Mansueta, se
non quando la sentii esclamare:
--Oh il ritratto di Rosilde che credevo avere perduto! Dove l'aveva
cacciato?
Rosilde, la madre di Aminta! Diffatti ella aveva i suoi lineamenti.
--V
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