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o che vi dissi ieri in giardino. Temete le barricate; cio che in volgare significa: non partirete senza il mio permesso. Ora si tratta di non lasciare solo quell'infelice. Egli ha nell'anima la vendetta; giacche, voi lo indovinate senza che io ve lo dica... Quella povera Gina!... Egli s'interruppe con un gesto d'orrore che mi si apprese al cuore. --E quell'uomo vive ancora? sclamai coll'impeto dei miei vent'anni. --Si, e deve vivere, e saprete il perche deve vivere,--a meno che non scavalchiate le mie barricate. Ma per ora, si tratta d'altro; ho bisogno di un servizio da voi. Non potrei riposare se sapessi Beppe libero di se stesso questa notte. Il curato, cosi parlando, aveva dato un nuovo scrollo al cordone del campanello. Baccio comparve. --Non lascierai partire Bebbe stasera. Preparagli la camera degli scalpellini; ai marmocchi ci pensi Mansueta. Questo signore ti aiutera a persuaderlo. Baccio, colla intuizione dei montanari, capi, approvo, inchinossi ed usci, facendomi un cenno di supplica. --Per domani, aggiunse il curato, ci pensera un altro amico. Gli diedi la buona notte e ridiscesi in cucina. Non ci fu d'uopo di molta fatica per persuadere lo sciagurato Beppe ad accogliere l'ospitalita del presbiterio. Come vide i suoi bambini andarsene a coricare sotto le ali tarpate della Mansueta, egli si lascio condurre come un agnello, da Baccio, alla stanza degli scalpellini. La foga con cui aveva narrata la sua tragedia lo aveva estenuato. Dissi a Baccio che ritornava dall'averlo coricato: --Eh! dimmi! che cosa significano quei lumi laggiu, verso la casa del sindaco? Baccio usci nell'orto e dopo un istante ricomparve sogghignando e mi disse, facendomi lume su per la scaletta: --Sono i coloni del signor De Boni che portano a casa Bazzetta, ubbriaco fradicio. E con questo bel corollario di quella bella giornata, mi diede la buona notte. XVII. Dopo agitatissimi sogni, fui risvegliato dal signor De Emma, o,--per essere piu veritiero,--dai ferri aguzzi del suo ronzino, i quali, cosi, tra la veglia e il sonno, mi somigliarono ai colpi di un martello che mi battesse sulla nuca. I galli, sparsi qua e la nelle soffitte e nelle cantine, eruttavano il loro rantolo singhiozzoso; i passeri cominciavano a pispigliare; si udiva il risveglio della luce nel fruscio sommesso delle foglie. In lontananza, le imposte, aperte da braccia ancora intorpidite dal sonno, sbattevano contro le p
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