ore. E veramente, ne' primi
tempi, fu per la Gina una specie di sogno. La stagione era viva, la
citta` allegra e piena di gente, gli amici cortesi; per cui ella pote`
facilmente guadagnarsi un appartamento tutto per lei, con specchi,
dorature, cortine di seta, e un gabinetto chinese con una specchiera,
che pareva un reliquiario. E dire che la Gina alla Ghiacciata s'era
lavata il viso le dodici volte nel secchio! ma fortuna e dormi, dice
il proverbio, ossia chi bella nasce ha la dote nelle fasce. I
fotografi amavano ritrarla in grande, per farne dei quadri agli angoli
delle vie: un cappellino, portato dalla Gina, poco mancava che
diventasse subito di moda e se le signore--quell'altre--non andavan
dietro al modello, gli era soltanto per non dimostrare che la Gina
fosse piu` bella di loro. Tuttavia anche sotto quella cipria, anche in
mezzo alla spuma frizzante di quella vita, fra le garze e i nastri
color di rosa, la Gina provava nel cuore una specie di puntura, come
se una spina vi si fosse rotta dentro; e in fondo ai cartocci pieni di
cose dolci, che le regalavano a teatro, sentiva sempre un amaro di
legno quassio, perche` il peccato non si sputa fuori, ne` tutte le
macchie si lavano col sapone. Anzi, quanto piu` pareva che il suo
occhio di gazzella fosse talvolta rapito in una apoteosi dell'opera, e
in una contraddanza di driadi ed amadriadi, tanto piu` il suo pensiero
sprofondava nelle fessure della coscienza e le accadeva di vedere, fra
le piante della scena, spuntare un campanile aguzzo, colla crocetta in
cima, o la siepe dove soleva curare le oche, o il pergolato e il
ballatoio di legno, coll'insegna della Ghiacciata, la famosa osteria
del suo babbo.
Fanciulletta vi era cresciuta, a piedi nudi, col bel musetto sporco,
coi capelli in furia, cogli occhi neri e lustri come il carbone, amata
prima dalla sua mamma, odiata poi dalla matrigna, che aveva una
ragazza brutta e storta.
Quando la matrigna aveva gente, la Gina scappava di sopra, apriva un
guardaroba, ne toglieva una veste lunga, per il gusto d'indossarla e
di fare la coda sull'ammattonato, passeggiando innanzi allo specchio
con una ventola in mano, di penne di tacchino. La matrigna ne la
pagava poi con sferzate di vero legno di nocciuolo, o con schiaffi per
il gusto che avrebbe voluto anch'essa di voltarle la faccia. Ma la
faccia della Gina si faceva sempre piu` bella, come se le ceffate
finissero d'aggiustarla: gli occhi, spesse volte lagrimosi,
acquistava
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