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discoperto giace. Di se si maraviglia ch'abbia in testa Una fontana d'acqua si vivace, E come sospirar possa mai tanto; E spesso dice a se cosi nel pianto: Queste non son piu lacrime, che fuore Stillo da gli occhi con si larga vena. Non suppliron le lacrime al dolore; Finir, ch'a mezo era il dolore a pena. Dal fuoco spinto ora il vitale umore Fugge per quella via ch'a gli occhi mena; Et e quel che si versa, e trarra insieme E 'l dolore e la vita all'ore estreme. Questi, ch'indizio fan del mio tormento, Sospir non sono; ne i sospir son tali. Quelli han triegua talora; io mai non sento Che 'l petto mio men la sua pena esali. Amor, che m'arde il cor, fa questo vento, Mentre dibatte intorno al fuoco l'ali. Amor, con che miracolo lo fai, Che 'n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? Non son, non sono io quel che paio in viso; Quel, ch'era Orlando, e morto, et e sotterra; La sua donna ingratissima l'ha ucciso; Si, mancando di fe, gli ha fatto guerra. Io son lo spirito suo da lui diviso, Ch'in questo inferno tormentandosi erra, Accio con l'ombra sia, che sola avanza, Esempio a chi in amor pone speranza. Pel bosco erro tutta la notte il Conte; E allo spuntar della diurna fiamma Lo torno il suo destin sopra la fonte, Dove Medoro insculse l'epigramma. Veder l'ingiuria sua scritta nel monte L'accese si, ch'in lui non resto dramma Che non fosse odio, rabbia, ira e furore; Ne piu indugio, che trasse il brando fuore. Taglio lo scritto e 'l sasso, e sin al cielo A volo alzar fe'le minute schegge. Infelice quell'antro, et ogni stelo In cui Medoro e Angelica si legge! Cosi restar quel di, ch'ombra ne gielo A pastor mai non daran piu, ne a gregge: E quella fonte gia si chiara e pura, Da cotanta ira fu poco sicura: Che rami, e ceppi, e tronchi, e sassi, e zolle Non cesso di gittar ne le bell'onde, Fin che da sommo ad imo si turbolle Che non furo mai piu chiare ne monde; E stanco al fin, e, al fin di sudor molle, Poi che la lena vinta non risponde Allo sdegno, al grave odio, all'ardente ira, Cade sul prato, e verso il ciel sospira. Afflitto e stanco al fin cade ne l'erba, E ficca gli occhi al cielo, e non fa motto; Senza cibo e dormir cosi si serba, Che 'l sole esce tre volte, e torna sotto. Di crescer non cesso la pena acerba, Che fuor del senno al f
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